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        1.

    Sono tutti uguali - le disse la madre - e appena possono corrono appresso ad un’altra gonna. Quindi mettilo in conto e, se vuoi conservare il matrimonio, devi considerare questo. – Lei, aveva scoperto il tradimento di suo padre, ma aveva lasciato correre. Aveva fatto finta di ignorare le sue divagazioni extra coniugali. La busta di preservativi nella tasca interna della sua giacca che doveva portare in lavanderia non erano destinati a lei. Perché nei loro rapporti intimi non l’avevano mai utilizzato. Suo marito sosteneva di non sopportarli. Allora aveva dedotto che come minimo andasse a puttane, oppure avesse un’amante.

    Però Emma, a vent’anni, era troppo innamorata di Aldo e non diede peso alle parole della madre. Gli sembrava impossibile che sarebbe potuto succedere proprio a lei. Allora era giovane e viveva come in una favola: come in un racconto di Le mille e una notte che aveva approfondito nel suo corso di letteratura orientale.

    Aldo l’aveva conosciuto ai tempi dell’università a Bologna. Lui frequentava un corso di lingue straniere, mentre Emma un corso di letteratura medio orientale. Tra loro, fu subito amore a prima vista.  Uno di quegli amori che, quando ti si rovesciano addosso, poi ti sballano. Lei rimase incinta e, con il pancione di sette mesi discusse la tesi sulla trilogia di Naghib Mahfuz, autore egiziano premio Nobel del 1988. Riuscì a superare l’esame brillantemente, ricevendo la lode del professore.

    Quel figlio che stava per nascere, fu presente il giorno della sua laurea. Dal grembo materno assistette ai discorsi, alle risate e ai suoi festeggiamenti.  

    La foto, gli era capitata tra le mani mettendo in ordine il cassetto del mobile della sala, che era un regalo di sua nonna. Si era divertita a cambiargli colore e, per dare un tocco di originalità all’arredamento lo aveva fatto tinteggiare di nero. Nella foto, era felice e sorridente. I suoi riccioli neri erano incorniciati dalla corona d’alloro e, sotto braccio aveva la pergamena arrotolata con il nastro rosso. Era stata scattata mentre stava baciava Aldo sulla bocca.

    Tutti intorno, gli amici di corso sciamavano alzando i bicchieri di plastica con champagne da quattro soldi. Aldo, in quell’occasione, si era scolato la bottiglia e in un’altra foto aveva un braccio appoggiato sulla spalla di Laura: l’amica di Firenze, che frequentava il suo stesso corso. E sghignazzavano facendo gli scemi, mentre Emma, per paura di nuocere al figlio che stava per nascere, aveva fatto solo un sorso.

    Una volta arrivati a casa, avevano fatto l’amore. Aldo era su di giri e voleva festeggiare l’evento, ma lei aveva timore per il loro figlio che dopo due mesi sarebbe nato. Emma, che per il bene di Luca, quello era il nome che avevano scelto per lui, aveva anche rinunciato alle sigarette. 

    Quando si sposarono, Luca aveva quasi un anno e mezzo e da poco aveva cominciato a muovere i primi passi. Festeggiarono il matrimonio e il battesimo nello stesso giorno. Si erano promessi di tenere sempre vivo il loro rapporto e avevano giurato di dirsi sempre tutto. L’asticella, che indicava il loro stato di eccitazione, era rivolta verso l’alto. Non avevano il becco di un quattrino, ma in quel momento non era così importante. L’amore riusciva a riempire la loro esistenza.

    I genitori di Emma, e in parte anche quelli di Aldo, li aiutarono per le spese della cerimonia e dell’arredamento.  Fecero il viaggio di nozze quando era già svezzato. Lo lasciarono una settimana a casa della nonna, la mamma di Emma. Con la loro utilitaria, presa a rate, fecero il giro della Sicilia, tuffandosi nei sapori e nei caldi colori così diversi della loro Umbria.

    - Ti ricordi quegli arancini? - disse lei – erano deliziosi!

    - Certo, e anche le scorpacciate di cannoli – rispose lui, accarezzandole il seno che svettava dalla maglietta gialla attillata.

    - E lo Zibibbo? – sorrise lei, toccandosi i capelli - Ricordi quella volta ai Giardini Naxos che ci era andato alla testa…

    - Poi… il pesce spada e le linguine al nero di seppia!? E aggiunse: Eravamo sempre su di giri!

    - Già…  ero anche preoccupata per Luca, ricordi che non vedevo l’ora di tornare a casa.

    - Ma quei posti erano incantevoli…  poi avevamo ancora tanto da scoprire…

    - Anticipammo il ritorno, tu non volevi partire. – aggiunse.

    - Già! Tua madre era preoccupata per le due linee di febbre. 

    2.

    Terminata l’università, per racimolare qualche soldo, Aldo si barcamenava facendo lezioni private, e traduzioni. Fino a quando, finalmente, gli arrivò la nomina per una cattedra di lettere al liceo. Emma, nel frattempo, aveva trovato un impiego come bibliotecaria a Perugia: un lavoro part-time che le lasciava tempo libero per stare insieme al figlio. Luca stava crescendo in fretta.

Entrambi erano convinti che la loro vita sarebbe stata per sempre un idillio. Aldo era sicuro che il loro amore avrebbe resistito ad ogni bufera. Erano trascorsi otto anni dalla nascita di Luca. Si consideravano una famiglia solida e felice. Avevano acquistato una casa prendendo un mutuo ed entrambi avevano un lavoro gratificante. Inoltre, Luca era cresciuto sano e intelligente e li colmava di soddisfazioni. Avevano intessuto nuove relazioni sociali, pur mantenendo le amicizie del passato.

    Qualcosa però, ultimamente, stava turbando la serenità di Emma. Aveva la strana sensazione di avere un tarlo. Un tarlo infido, che silenzioso scavava nella sua mente. Gli si era insinuato un paio di anni prima e tuttora se lo portava appresso. Dopo che Laura, la loro amica di università, era venuta a trovarli alla fine di giugno, nella loro nuova casa.

    Aldo, aveva finito le lezioni. Era andato a prenderla alla stazione e l’aveva accompagnata a casa per farle vedere come si erano sistemati. Poi lei aveva alloggiato in un albergo della città ed era stata con loro per cinque giorni, visitando i luoghi caratteristici della regione. Emma lavorava in biblioteca e ne era diventata la responsabile. Avrebbe voluto stare un po’ con lei, ma non poteva assentarsi: due colleghe erano andate in ferie e lei non poteva lasciare la biblioteca sguarnita di personale.

    Era Aldo che l’accompagnava a visitare i musei e i verdi luoghi della regione. Poi, quando ritornavano nel tardo pomeriggio li vedeva allegri e spensierati. Come erano tutti ai tempi dell’università. L’ultimo giorno di permanenza a Perugia, Aldo l’aveva condotta alle cascate delle Marmore.  Quel giorno avevano fatto ritorno più tardi del solito per un problema al motore. Erano rientrati alle ventitré e trenta ed Emma aveva già messo a letto Luca. Dopotutto erano amici di vecchia data, pensò Emma.

    Venne a galla quella sera mentre lui stava guardando la partita della Champions sul canale satellitare. Emma aveva appena di finito di stirare le sue camicie e il grembiule di Luca. Lui era andato a dormire.

    - Vuoi qualcosa da bere? – gli chiese.

    Lui annuì, senza staccare gli occhi dallo schermo.

    - Una birra, e dei salatini. Grazie!

    Strascinando l’infradito andò in cucina. Aprì il frigo, prese due bottiglie di Guinness. Dal pensile due bicchieri e una busta di salatini di mais alla paprika. Aveva finito di stirare e ripensava ancora a quella macchia di fondo tinta sul colletto della sua camicia. Erano passati due anni da quando ritornò da quella gita alle Cascate. Gliel’aveva fatto notare subito, ma lui era caduto dalle nuvole: giustificandosi che forse Laura si era appoggiata a lui mentre stava guardando all’interno del cofano, in attesa del carro attrezzi.

    “Oh, Cristo!”  - pensò, mentre stava sfogliando la rivista. Come poteva essere stata tanto distratta da non aver capito tutto?

    Il primo tempo della partita era terminato. Stava andando in onda la pubblicità e Aldo si alzò per andare in bagno. Emma era seduta in poltrona, di fianco alla sua. Della partita non gliene importava niente e nemmeno della sua rivista di moda, di quegli abiti e dei gossip non gliene importava niente.

    3.

    Lui ritornò e riprese la sua postazione allungando le gambe sul tavolinetto. La pubblicità era terminata, erano cominciati i commenti tecnici. Lui, aveva ripreso a spiluccare i salatini e ogni tanto sorseggiava la sua birra. Lei lo occhieggiava con apparente naturalezza. Era tranquillo come un pesce in un acquario.

Emma invece era agitata, gli lanciò uno strale improvviso:

    - Come è andata quella sera? – gli domandò a bruciapelo.

    - Come?

    - Quella sera, alle cascate! – piantandogli addosso gli occhi come pugnali.

    - Ma cosa stai dicendo?

    - Ci sei stato a letto?

    - Ma come ti è venuto in mente adesso?

    - Così, ripensavo alla tua camicia… - e aggiunse – ogni tanto ci ripenso a quella macchia!

    - Stai scherzando vero? – Rispose con un sorriso sardonico.

    - Pensi che ci sia da ridere? – Le stava montando la rabbia.

    Era un argomento che forse avrebbe dovuto affrontare molto tempo prima, però non aveva avuto il coraggio di credere che lui fosse stato a letto con la sua amica. Ma ultimamente quel pensiero le martellava la testa e non riusciva più ad essere serena. Quel sospetto, come l’ombra di una montagna al tramonto, stava oscurando la sua esistenza.

    Lui si alzò di scatto e andò in cucina a prendere un’altra birra. Lei sentì la porta del frigorifero sbattere con forza. Emma aveva capito che Aldo aveva accusato il colpo e quell’insinuazione aveva scardinato la sua sicurezza.

    Si sedette di nuovo in poltrona.  Chiuse la porta del soggiorno per non svegliare Luca. Il tono della conversazione stava prendendo un tono alterato. Con foga, si versò altra birra. La schiuma si rovesciò sul tavolo.

    Lei si precipitò a prendere uno Scottex per tamponare il tavolo di cristallo. Non voleva che la birra scura macchiasse il tappeto persiano di lana e seta che Aldo le aveva regalato due anni prima. Quel tappeto valeva quanto quattro miseri stipendi da insegnante. Ma non era il tappeto che voleva salvare in quel momento. Quella da salvare era lei.

    - L’hai baciata? – gli disse. - Ormai era partita. Doveva togliersi quel peso, anche se non sapeva dove quella discussione l’avrebbe condotta.

    - Sì. Come si bacia un’amica di vecchia data, sulla guancia. – Precisò lui.

    - No, non ti credo!

    - Fa come vuoi! – disse abbassando lo sguardo sulla bottiglia.

    - Allora, ti ha baciato? Sì o no?

    - Eravamo un po’ su di giri, avevamo bevuto.

    - Rispondi. Ti ha baciato?

    - Ok. Ci siamo baciati!

    - E poi? Come è andata a finire?

    - Basta! Solo un bacio – cercò di sminuire l’accaduto.

    Stava per iniziare il secondo tempo. Le due squadre stavano rientrando in campo. Il telecronista comunicava le sostituzioni. Però la partita che Aldo stava giocando, in quel momento, era molto dura. Non sarebbe finita ai rigori. Lei stava giocando d’attacco e lo pressava su ogni parola, su ogni silenzio. Lo marcava stretto. Ogni espressione del viso, ogni minima scusa e ogni sguardo non sfuggiva ai suoi occhi. Mentre lui, quegli occhi cercava di evitarli. E questo divagare era la conferma del suo tradimento.

    Quel dialogo valeva molto di più della finale tra il Manchester e il Chelsea.

    I toni di voce si stavano alzando ancora. Lui, meccanicamente, continuava a grattarsi la punta del naso e il lobo dell’orecchio destro. Un tic che lei conosceva troppo bene e quei movimenti inconsulti erano la prova che lui era alle corde.

    Lei si alzò dalla poltrona, scaraventandogli addosso la rivista e andò a chiudere la porta che lui aveva lasciato aperta. Ritornò e gli si piazzò di fronte con le braccia incrociate e gli occhi sbarrati. Continuava a fissarlo co. Ma lui li evitò per non soccombere.

    La rabbia l’aveva assalita: le stava crollando il castello che insieme avevano costruito e non sapeva se da quelle macerie sarebbe riemersa.

    - Cristo! Perché l’hai fatto Aldo? – Lui continuava a tenere gli occhi sul bicchiere. Lei lo fissava incredula.

    - Guardami, perché l’hai fatto?  Cristo santo! - gli disse ancora.

    - Non lo so, è successo tutto così…

    - Ma cosa ci sta succedendo?

    - Te l’ho detto, eravamo un po’ brilli…

    - Dimmi tutto… ti prego! – lei si rese conto che c’era stato dell’altro, anche se non voleva crederci. Li vedeva mentre si baciavano e si toccavano. Laura che accarezzava il suo corpo e il suo membro, e lui che la assecondava. Poi sentì come un pugno allo stomaco e disse:

    - No, non fa niente. Non dirmi altro!

    - Te l’ho detto, è successo solo questo. Un bacio, un lungo bacio.

    - L’hai scopata? …dimmi la verità!

    - No, no! Sei solo accecata dalla gelosia adesso!

    Provò ad alzare gli occhi, ma lei sapeva che tutto quello che lui stava tentando di controbattere erano bugie. Solo bugie e falsità.

    - Maledetto! Bastardo maledetto! Come hai potuto farmi questo? Ci sei andato a letto! E hai il coraggio di dire che c’è stato solo un bacio!

Disse questo e si mise il viso tra le mani. Non voleva farsi vedere con le lacrime: non voleva dargli la soddisfazione di vederla piangere. Ma quelle inesorabilmente stavano sgorgando.

    Lui si alzò dalla poltrona, non riusciva più a stare seduto: era come se fosse stato seduto su mille spilli. Si accorse che stava perdendo la finale di Champions e non solo quella.

    Fece per avvicinarsi, quasi a volersi scusare. le sfiorò il braccio.

    - Oddio! Non mi toccare! – strillò lei. Continuando ad ansimare.

    - Ti prego… - disse lui. Cercò di toccarle ancora la spalla, ma lei di nuovo lo respinse come un appestato.  - Vattene! Bastardo! – Urlò, scappando in camera. Chiuse la porta a chiave.

    Lui spense prima la tivù, poi la plafoniera e si mise a fissare il puntino rosso del televisore in stand-by. Era frastornato per ciò che era accaduto. Era solo colpa sua e non poteva farci niente. Avrebbe voluto resettare tutto, ma ormai lo aveva scoperto. Lei aveva immaginato tutto. Era inutile continuare a fingere. Tanto non avrebbe cambiato la sostanza del tradimento.

    La finale finì ai rigori 6-5, per il Manchester, ma il gol di Cristiano Ronaldo se lo perse.  

    Provò a stendersi sul divano. Ma non riusciva a trovare una posizione comoda: gli faceva male il collo, le ossa, gli girava la testa. Si appoggiò su di un fianco, prima a destra, poi a sinistra. Allora cominciò a pensare che si sarebbe dovuto abituare a dormire da solo. Magari avrebbe telefonato a Laura. Il sonno tardava ad arrivare, ma prima di addormentarsi ripensò al sesso fatto Laura. Poi alle parole di Emma.

    4.

    Luca si svegliò di soprassalto. Le urla strozzate di sua madre lo avevano messo in allerta. Nonostante lei avesse chiuso le porte, aveva percepito alcune frasi urlate: “Guardami! Perché l’hai fatto… Oddio! Non mi toccare!” Aveva capito che tra la madre e il padre era successo qualcosa di molto grave. Rimase, per un po’, sotto le lenzuola, immobile nella semioscurità. Gli occhi fissi sulla tenda. La luce dei lampioni filtrava dalle righe della serranda e proiettava righe ondulate sul panneggio. Nel silenzio della notte, percepì i singhiozzi soffocati della madre. Poi l’acqua scorrere. La porta del bagno aprirsi, poi richiudersi. Stava vivendo come in un sogno ovattato, ma i singhiozzi e le parole che aveva udito erano veri.

    Rimase sveglio in silenzio per un’ora, forse più. Era l’una quando si alzò e, transitando per il corridoio, vide una debole luce che filtrava da sotto la porta della sala. La ignorò e si diresse verso la camera dei genitori senza bussare. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo. La regola che gli aveva imposto la madre era quella di bussare. Lei era seduta sul letto e cercava di trattenere i singhiozzi che sembrava non avessero fine. Alzò la testa pensando fosse Aldo.

    - Ah, Luca! Sei tu? – gli disse, cercando di ricomporsi. Era ancora fuori di sé e non sapeva come avrebbe reagito se fosse entrato quel verme. La rabbia continuava a salire dallo stomaco. Non sapeva che fare, che dire… come avrebbe affrontato quella situazione il giorno dopo. E quello dopo ancora.

    Il sole avrebbe di nuovo illuminato la città. Le strade, i giardini pubblici, la scuola di Luca e in apparenza tutto sarebbe stato come prima. Ma il suo cuore no. Si era frantumato come un bicchiere infrangibile che cade a terra e trovi solo piccoli frammenti di vetro. Era quello che sentiva in quel momento, quando entrò Luca.

    Come poteva ancora credere a quell’uomo che l’aveva tradita? E come sarebbero state adesso, le sue giornate, le loro giornate e quelle di Luca che era ignaro di tutto? E come glielo avrebbe spiegato che suo padre era un “maledetto bastardo e figlio di puttana”.

    - Perché piangi ma’? - disse piano Luca.

Lei, cercando di darsi un contegno, continuava a singhiozzare. Forse non glielo avrebbe mai riferito che suo padre era stato con un’altra. Luca non avrebbe capito.

    - Non è niente… dai, vieni, salta su! – e aggiunse – Non stare scalzo, ti prendi un raffreddore!

    Luca, come un gatto, fece un balzo e le si strinse addosso. Luca percepì subito il suo odore dolce. Un misto di crema da notte e il suo personalissimo odore di mamma. Lei accostò la sua testa a quella di Luca e l’appoggiò sulla spalla. Gli accarezzò i capelli e lo baciò. Sentì il profumo residuo di shampoo alla camomilla che ancora aveva addosso dal mattino. Luca, non avrebbe mai saputo quello che era successo quella notte durante la finale di Champions League.

   

© Franco Duranti – 2017