Gli occhi sono lo specchio dell’anima. Almeno così si dice e credo che questa affermazione sia vera.

Non sopporto chi ho di fronte e nasconde gli occhi dietro due schermi scuri.
Mi piace guardare le persone che ho davanti e che mi parlano. Dal loro sguardo riesco a percepire se mentono o se sono sincere; se sono sensibili, insofferenti, oppure tristi o allegre.
Ecco perché oggi sono deluso. Mi sento sconfitto perché non sono riuscito a decifrare il sentimento di chi avevo di fronte.
Incontrare tra gli scaffali del supermercato un “vecchio” amico (?) - già vecchio, come lo chiamereste voi uno che conoscete da oltre quarantacinque anni e che avete perso di vista?  Non poter decifrare dal suo sguardo le emozioni che ha provato in quell’incontro, mi ha fatto sentire in imbarazzo. Avrei voluto parlare con lui, di un milione di cose, ma non ce la facevo. Eppure di eventi da raccontare, in questi nove lustri, ne avremmo avuti tanti!
Avrei voluto invitarlo e dire: «Rivediamoci! Andiamo a mangiare una pizza!» Ma non ce l’ho fatta.

È per questo che mi sento deluso e amareggiato.

In occasione della presentazione del mio libro, lo cercai invano. Avrei voluto invitarlo, come ho fatto con altri amici di vecchia data.
Sull’elenco telefonico il suo nome non appariva; chiesi di lui, ma nessuno aveva il suo recapito. Eppure, fu uno dei protagonisti e avrei voluto che avesse condiviso con me quel giorno. Gli avrei dedicato con immenso piacere una copia del volume!
Per me, certi sentimenti sono importanti! Uno sguardo e una parola amica mi apre il cuore, più di un bacio di un’amante.

Quel sabato mattina ero insieme a Gino, il solito amico (di sempre). Con lui ci incontriamo fatalmente tra gli scaffali del supermercato per le provviste settimanali. Uno di quei “vecchi” amici che visse con me "quegli anni fantastici"...
Abbiamo parlato con l'occhialuto, del più e del meno, (di musica, di chitarre, di artisti) e inevitabilmente il discorso cadde sulla mia pubblicazione.
Quando lui mi confermò che lo aveva acquistato appena uscito in libreria, rimasi stupito e deluso nello stesso tempo. Un sentimento di soddisfazione, ma misto a rabbia. Una copia sarebbe stata riservata a lui.
Continuavo ad interloquire con due anonime lenti scure e non riuscivo a penetrare quello scudo.
Nascosto dietro i suoi Ray-Ban non riuscii a decifrare i pensieri che albergavano nella sua mente.
Era contento di rivedermi? Che effetto gli facevo dopo tanto tempo? Che ne pensava del mio libro?
Amava ancora quei luoghi? Amava ancora la musica come allora?
E continuavo a chiedermi come fosse cambiata la sua vita, il lavoro, e la famiglia, e i figli?
Tutte queste domande, e altre mille, rimasero lì bloccate da quei maledetti occhiali neri che non mi hanno permesso di entrare nella sua anima.
Eppure, anche se c’è il sole che picchia duro come un maglio, io gli occhiali me li tolgo sempre.

Chi mi sta di fronte sa sempre con chi sta parlando!

© Franco Duranti - 2013