Quel giorno non avrei avuto lezione, era San Ciriaco.

Ad Ancona era festa e io sarei rimasto a Jesi. Quindi ci ho provato, e la sera prima decido di chiamarla. Non era la prima volta che ci incontravamo, ma stavo fremendo.

Lei, ha accettato l’invito. Con la madre avrebbe inventato una scusa; la più credibile sarebbe stata quella di andare in biblioteca per una ricerca sull’Ariosto. Di sicuro, avrei messo in atto le mie doti di conquistatore.

L’incontro era fissato per le quindici e trenta, sotto Porta Bersaglieri. A metà strada dalla sua e dalla mia abitazione. Non stavo nella pelle. L’aria dolce della primavera e le rondini che sfrecciavano radenti sulle mura mettevano serenità nell’anima. A quell’ora, poca gente in giro. Mentre aspetto sotto l’arco, transita Veniero con il suo furgone carico di bidoni di vernice e pittura. Mi saluta con un cenno della mano. Rispondo al suo saluto con un sorriso. Ero felice!

La vedo arrivare dalle scalette di via Mastella - quelle che da borgo Garibaldi conducono sino al torrione nord. Il torrione, quello delle carcerette: dove io e i miei amici del gruppo ci siamo fatti fotografare. Con la stessa posa studiata dei complessi musicali famosi. Sono belle le mura di Jesi!

La vedo arrivare, il cuore inizia a battere impetuoso, come la cassa della mia batteria. Le vado incontro, le prendo la mano e le sfioro la guancia con un bacio lieve. Mentre l’altra stringe a se il libro di letteratura e alcuni quaderni legati con l’elastico verde. Lei mi sorride e mi penetra con i suoi occhi verdi. Il trucco della biblioteca è riuscito ancora una volta.

Le chiedo dove vuole andare: mi dice in un posto tranquillo, dove non passano le auto. Teme che qualcuno la riconosca e possa scoprire l’inganno. Va bene! – dico –  e ci dirigiamo in via degli Spaldi.

Lì, passano poche auto, solo quelli che abitano nel centro storico, ma in quegli anni il quartiere vecchio si stava spegnendo. La conduco per mano sul torrino, dove da lì si vede la vallata. Alla vista delle verdi dolci colline, che lentamente degradano fino al mare, il cuore mi si apre. Penetrando i suoi occhi verdi e di fronte a tanta bellezza, la bacio con passione sulla bocca. Lei è in sintonia con me. Siamo sulla stessa lunghezza d’onda, protetti dal laterizio medievale. L’azzurro del cielo sopra di noi è insostenibile, sotto i nostri piedi e intorno la storia dei nostri avi ci avvolge e ci protegge.

Siamo soli. Io e lei siamo parte integrante di quel paesaggio e di quelle antiche vestigia. Penso che, quella volta non ho avuto il coraggio di dirlo. Ma da lei avrei voluto un figlio. Forse stavo correndo troppo? Forse. Però oggi posso affermare con certezza - dopo quarantacinque anni - che per me, le mura e via degli Spaldi hanno avuto un ruolo molto importante nella nostra vita sentimentale.

Lei, ora lo sa!

 

© Franco Duranti - 2013