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Sua madre Rebecca se n’era andata via di casa definitivamente quando lui aveva solo otto anni. Quel figlio, per lei, era stato solo uno sbaglio. Era venuto al mondo contro la sua volontà: se era nato, Tony doveva ringraziare solo suo padre Lello.

     Lui, le si era opposto: Rebecca non lo voleva tenere.

     È mia e la gestisco da me! Diceva lei...

     Erano i primi anni del femminismo e della liberazione sessuale, ci si era immersa fino al collo.

     I due giovani, ventenni, non avevano mai regolarizzato il loro rapporto, comunque Lello aveva fatto di tutto per dargli una famiglia, se mai si fosse potuta chiamare con quel nome. Lello voleva bene a quel figlio che stava per nascere e il nome lo aveva scelto lui. Non voleva che fosse cresciuto come un bastardo

     Lei, la madre, non se ne occupò mai: per la sua voglia di libertà era stato solo un peso.

     Per il piccolo Tony, il periodo di allattamento fu tragico. Lei lo staccò quasi subito, se ne andò di casa con il petto ancora gonfio di latte. Riprese a vagabondare con un gruppo di giovani di estrema sinistra, come se quel figlio nato da poco non fosse suo.  

     Del piccolo, allora, se ne occupò una conoscente, Arduina che gli fece da balia. Lei aveva perso suo figlio di appena cinque mesi per una brutta e spietata polmonite. Il latte che ancora aveva nel seno lo offrì a Tony, come fosse suo figlio. Aveva avuto pietà per quel piccolo abbandonato.    

     Lello e Rebecca si erano conosciuti verso la metà degli anni settanta ad un concerto di Venditti in Piazza del Popolo. In quegli anni, avevano cominciato a frequentare, prima gruppi extraparlamentari di sinistra, poi erano entrati in uno squallido giro di droga. L’inizio, con robe leggere, poi, via via si erano spinti sempre più oltre. Hascisc, anfetamine e poi droghe sempre più pesanti: fino a bucarsi anche più volte al giorno.

     Lello, alla fine con qualche difficoltà, riuscì a venirne fuori.  

     Rebecca, invece dopo un breve periodo di disintossicazione a San Patrignano, aveva fatto ritorno a casa, ma non era mai riuscita a rifarsi una vera vita.  

     Dopo vari tentativi di reinserimento, aveva appioppato il piccolo a Lello. Quindi era scappata di casa ancora una volta con un hippy e si era messa a girare il mondo. L’ultima fuga in India, era stato il preludio per la sua scomparsa definitiva. Solo brevi e fugaci ritorni a casa: forse la coscienza un po’ gli bruciava. Mentre Tony affrontava la vita senza la madre.

     Brevi visite, di qualche giorno. Chiedeva qualche soldo a Lello poi, via di nuovo… e di lei si persero le tracce.

     Non si è mai saputo se fosse vero, ma qualcuno diceva che per vivere si prostituisse.

     Alta un metro e settanta: una bella ragazza, una folta chioma castana le scendeva fino alle spalle. Occhi color verde acqua, cerchiati di scuro, ma la purezza dei suoi occhi contrastava con il colore grigio/fango del suo animo. 

     Nell’ambiente dei senza fissa dimora, si diceva che fosse fuggita all’estero, in America. Un tizio, forse meglio informato degli altri, sosteneva che era scappata in Nuovo Messico, dalle parti di Santa Fè. Viveva in una comune rurale e coltivava cereali in un paesaggio desolato, insieme a un gruppo di emarginati.

     Tony intanto, in mezzo a questo contesto a dir poco incasinato, arrancava, alla ricerca di un’esistenza normale. Di lui e di suo padre Lello, che nel frattempo cercava di offrirgli una vita normale, se ne fece carico la zia Fiorella, la sorella della madre snaturata.         

     Lello si era ormai convinto che non valesse più la pena di aspettare Rebecca: ci mise sopra un sigillo e le sprangò le porte in maniera definitiva.

     Per tirare avanti la famiglia, lavorava come aiuto falegname in una piccola azienda artigiana. Ma alla fine, dopo la morte del suo datore di lavoro, prese su il coraggio e ne impiantò una tutta sua di tornitura per legno.

     Certo, da solo, non ce la poteva fare e allora propose a sua cognata Fiorella di sposarlo. Lei non aveva niente in comune con sua sorella, anche i capelli erano diversi. Lei, un caschetto biondo e liscio le contornava il viso sorridente e radioso. Era metodica, responsabile, senza grilli per la testa.

     Pur conoscendo i precedenti di Lello e sua sorella Rebecca, alla fine, forse mossa anche da un senso di pietà, aveva deciso di formare un nucleo familiare.

     La loro unica preoccupazione fu quella di far crescere Tony in un ambiente sereno, molto vicino alla normalità; non volevano che percepisse il peso dell’abbandono e in parte ci riuscirono.

     Quando la madre sparì definitivamente, lui frequentava la terza elementare, ma tutta la verità, su di lei, non la seppe mai. Quella gliela svelò suo padre: poco prima di che il problema alle coronarie lo portasse via, ma all’epoca Tony era già adulto e aveva superato da poco quarant’anni.

     Quando frequentava la scuola, Tony aveva la sensazione di avere sempre addosso gli occhi di tutti: era come se le persone intorno lo guardassero di traverso.

     Della figura materna che era sparita nel nulla nessuno voleva parlarne, tantomeno la sua insegnante e tutti consideravano Fiorella come la sua vera madre.

           

Gli anni della sua giovinezza trascorsero tra alti e bassi, ma con evidenti conflitti interni mai superati.  Adesso Tony era un uomo. Un uomo con evidenti difficoltà di relazioni.

     Laura era stata l’ultima con cui aveva avuto una storia complicata; più di cinque anni, era durato il loro legame prima della rottura. Era stata una delle sue tante relazioni incomplete. Aveva creduto di amarla e, forse, l’aveva anche amata un po’, ma solo nel modo che conosceva lui.  

     A cinquantadue anni, Tony era ancora alla ricerca di quell’amore.

     L’aveva inseguito con tenacia, come se quel sentimento di cui era stato privato fosse a lui dovuto. E lo cercava in modo ostinato e caparbiamente ma, molte delle sue compagne dopo averlo frequentato per un po’, si eclissavano.

     Soltanto Laura era riuscita ad accettare la sua personalità distorta. Quella sera, nel culmine della scenata, tra le altre accuse gli aveva rimproverato anche, e forse a ragione, di essere rimasto vittima della sua infanzia.

     Sì, perché lei conosceva la sua storia e aveva cercato di comprendere e giustificare il suo agire, cosa che le altre si erano rifiutate di farlo. Ma quella sera, al parcheggio del supermercato alla fine, le era crollato tutto come un undici settembre. Lei, Laura, una torre sgretolata tra le sue macerie. Si vedeva girovagare tra la polvere di un amore che si stava frantumando.

     «Ho provato ad amarti, in tanti modi…» gli disse, mentre lui era rimasto a fissare il vuoto e la pioggia batteva sul tettino dell’auto.

     Poi aggiunse: «ma, non riesco più a trovarne uno! Riesco a vedere in te solo un’immensa landa desolata».

     Prima di sbattere lo sportello, aggiunse: «Tu non hai bisogno di una donna che ti capisca, ma di un bravo psicoanalista, che faccia chiarezza dentro di te! Se vuoi posso darti l’indirizzo…»

     Tony era consapevole che anche quella storia era arrivata al capolinea come le altre. Non c’era più nessuna possibilità di appello.

     «Fai come vuoi, se vuoi vattene …» Lui provò a dire, forse per dare corpo a quel litigio e magari salvarsi la faccia.

     «Certo. Me ne vado! Come posso continuare a sopportare le tue insicurezze… e la tua paura d’amare.»

     «Ma io ti amo!»

     «No, tu non mi ami, e non hai mai amato nessuno. Ami solo te stesso…»

     Non voleva ammetterlo, ma quella era la cruda verità. L’amore che non aveva ricevuto dalla madre, non riusciva a trasmetterlo.

     I modi gentili che usava erano solo una copertura: una posticcia patina mielosa che rivestiva la sua anima. Ma poi, dopo poco, quella patina perdeva la sua dolcezza e tendeva a disseccarsi. Allora veniva alla luce la sua vera complessità, la sua incapacità di amare.

     Loro, le sue ragazze, all’inizio, si sentivano attratte dalla sua personalità insolita, un po’ aggrovigliata. Poi, una volta cadute nella sua rete, Tony le trascinava a riva verso le secche aride. E le scaricava.

     Ognuna di loro era la sua vittima predestinata.

     Tony continuava a cercarlo quell’amore, ma non era in grado di darlo. Lo teneva racchiuso dentro di sé, come blindato in una cassaforte.

     Una complessa tecnica di distruzione e autodistruzione, la sua. Le conduceva tutte al punto di non ritorno, in un vicolo cieco. Così poteva sentirsi a posto con la sua coscienza.

     In ogni donna vedeva la madre Rebecca. E, ognuna doveva pagare tassa per quell’amore di cui era stato privato.

     Laura era stata la sua ultima vittima. Ma alla fine anche lei se n’era andata anche lei sbattendogli lo sportello in faccia. Ben cinque anni le ci erano voluti per riuscire a mettere a fuoco la sua personalità borderline.

     Lui era rimasto lì, basito, incredulo.

     Immobile fissava i riflessi delle luci colorate che si rifrangevano sul parabrezza, mentre le gocce di pioggia si univano tra loro e il peso le trascinava giù rotolando sul vetro.

     Prese la sua fiaschetta di whisky che teneva sotto il cruscotto e fece una lunga sorsata. Per un attimo lo fece sentire bene...

     Ma adesso chi si occuperà di Tony?

 

© Franco Duranti – giugno 2021