Stampa

Mi ero seduto su quella panchina, circa cinquant’anni prima.

Allora, come tutti quelli della mia età, frequentavo spesso i giardini pubblici. Era uno dei pochi luoghi della città dove potevi essere lontano da occhi indiscreti. Andavamo lì per mettere in atto le nostre prime esperienze: le prime sigarette fumate di nascosto, i primi timidi baci rubati alle nostre fidanzatine.

Ma era anche il luogo dove ci si nascondeva quando saltavamo la scuola. E, nascosti tra le siepi di bosso che delimitavano i vialetti, ci attaccavamo alle bottiglie di birra. Volevamo provare l’ebbrezza di un alcolico che a casa ci era proibito. Volevamo sembrare grandi, con quella bottiglia. Età? Quattordici/quindici anni. E avevamo abbandonato il biberon con latte e biscotti al Plasmon, appena cinque lustri prima…

Poi, quando ho messo su famiglia e, con le figlie al seguito, ho continuato a frequentare il luogo. Ormai la birra la tenevo tranquillamente al fresco in frigorifero e la stappavo ogni volta che ne avevo voglia. Però, con loro, non frequentavo più i vecchi giardini, ma mi ero trasferito nell’altro lato di viale Cavallotti: zona pineta con il monumento ai Caduti.

La pineta. Anche qui i ricordi affiorano abbondanti. Il somarello Camomilla con il suo carrettino le portava a spasso: e io al seguito con il vestito della “domenica”, a tener loro la mano come garanzia di sicurezza. Era una tappa obbligata. Un giro tra i viali con il carrettino, con le ruote di gomma che scricchiolavano sulla ghiaia: «Vai Camomilla!».

Mi allontanavo un poco, solo per scattare qualche foto in bianco e nero con la mia prima reflex: una Praktica acquistata di seconda mano a ottantamila lire.

La pista di pattinaggio, dove anche le mie bambine, ora quarantenni, hanno imparato a stare in equilibrio sui pattini o sulla bicicletta senza rotelle. E, quando erano stanche di girare, allora tutti curvi sul cemento e sulla ghiaia a fare scorte di pinoli, che tingevano di marrone le mani e i vestiti. Si faceva a gara a chi ne raccoglieva di più poi, via a cercare un sasso per schiacciarli! E, mentre il sole continuava a schiudere le pigne, si udiva il ticchettio dei semi caduti in terra.

Poi il frastuono gioioso della fanfara dei Bersaglieri con i loro berretti piumati, di fronte al monumento.

Il ricordo vivo delle feste dell’Unità che si facevano lì. Con il profumo di salsicce alla brace. E le bancarelle dove si puntava un numero e la ruota girava. Una volta ebbi la (s)fortuna di vincere un coniglio vivo. Per portarlo, a casa tenendolo per le orecchie, fu un dramma: ogni volta che sgambettava io stringevo di più. Come andò a finire non ricordo, ma probabilmente in un tegame, in porchetta.

Quel giorno, ero capitato lì perché avevo voglia di stare un po’ solo. Senza il Wi-fi domestico. Volevo smetterla con la rete: mi ero lasciato catturare come merluzzo. Internet stava diventando troppo invadente nella mia vita.

Per non parlare dei social network. Ché una volta che sei lì, vieni risucchiato come in un vortice dalla corrente. E, allora sei costretto ad ascoltare cazzate a valanga e, a volte, non puoi fare a meno di intervenire su certe idiozie.

Allora sei fritto. Un merluzzo fritto!

Devi sottoporti a interminabili discussioni che non hanno mai la soluzione al problema. Oppure devi condividere luoghi di vacanza di conoscenti ai quali hai concesso l’amicizia con un Mi piace, in realtà non te ne frega niente, ma ti senti quasi in obbligo di dover dire la tua. Magari il tipo nemmeno lo conosci, ma è un amico di un tuo amico, che inconsapevolmente ti ha fregato…

Avevo voglia di continuare a scrivere senza ingerenze esterne. Qualsiasi cosa mi passasse per la mente. Volevo stare solo con il mio portatile (non connesso) appoggiato sulle ginocchia.

Anche se in realtà, la posizione è molto scomoda per scrivere.

Il cellulare l’avevo messo in funzione silenzioso: con la speranza di non sentirlo squillare.

Tanto, non avrei risposto comunque.

E comincio…

Inizio a buttare giù - una volta si diceva sulla carta - alcune riflessioni stanno già galleggiando dentro di me. A poco a poco, affiorano nella mia mente. Come gocce d’olio che rimangono in sospensione sulla superficie piatta di un catino pieno d’acqua.

Nuovo documento di Word.

Titolo: Seduto ai giardini pubblici.

 

 

© Franco Duranti – maggio 2012