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Avviene sempre che nel mezzo del cammino della propria vita ci si volga indietro a guardare al passato, alle esperienze, agli eventi, agli incontri che ne hanno segnato le tappe. A volte è con un po’ di nostalgia, a volte cin qualche rimpianto; a volte magari con un sorriso. È una sosta necessaria per prendere consapevolezze da cui si potrà attingere nuovo vigore per proseguire il cammino. Così insegna padre Dante che, dopo essersi soffermato a meditare sulla sua vita, si avviò verso vette altissime.

Anche Franco Duranti, jesino di buona razza, ha sentito l’esigenza di ripensare alla sua giovinezza. Il suo “tempo delle mele” è passato tra gli anni ’50 e i ’60. Il primo decennio è stato per l’Italia quello del riscatto, della rinascita, del risveglio culturale; il secondo dei fermenti ideologici, della apertura di nuove frontiere, dell’emancipazione, della contestazione.

Franco Duranti ha vissuto questi due decenni in una città agricola e industriale, antica ma attenta al futuro, custode di antiche tradizioni, ma disposta ad accettare l’innovazione. Jesi è sempre riuscita a sostenere l’equilibrio di sollecitazioni diverse.

Ora Franco Duranti ha raccontato la sua giovinezza in un libro, “Fantastici quegli anni” allegramente sottotitolato “storie di tanti capelli fa”, pubblicato dalla Gei e presentato nel corso di un simpatico ‘happening musicale’ il 22 marzo presso l’Enoteca regionale. Erano alla ‘consolle’ diversi amici dell’autore: Giovanni Filosa che ha presentato e illustrato l’opera; Dino Mogianesi, direttore editore di ‘Jesi e la sua valle’, che ha letto diversi passi del libro; Marina Marini responsabile della pubblicazione, che ha fatto gli onori di casa. Amichevolmente se pure fuggevolmente presente perché affaccendato, l’assessore Rolando Roncarelli. Ha affiancato la manifestazione un duo di chitarristi-cantanti componenti del complesso de ‘I Bip Bip’ cui un tempo faceva parte anche Franco Duranti. Da soli o con gli Onafifetti presenti alla manifestazione hanno fatto ascoltare tra un intervento e un altro alcune delle canzoni più richieste del loro repertorio.

Giovanni Filosa ha osservato che il libro non è affatto una nostalgica raccolta di ricordi. Franco Duranti, ha specificato, è stato un cronista fedele e molto appassionato della vita jesina di un ventennio. Sta a dire allora che quando narra va oltre l’esperienza personale e che quindi molti si ritroveranno nei fatti che descrive. L’autore afferma di non essere un romanziere tuttavia racconta con leggerezza, semplicità e amabilità che tengono così viva l’attenzione del lettore da fargli divorare il libro in un baleno. Si parla di molto in brevi capitoli sul filo di un tema dominante: la musica. È quella delle canzoni più cantate allora che facevano intendere come il mondo stesse cambiando; soprattutto quelle dei Beatles e dei Rolling Stones che dividevano in opposte fazioni i sostenitori dell’uno o dell’altro gruppo.

Era musica nuova, completamente diversa da quella cantata e ascoltata prima, che distingueva   decisamente la vecchia dalla nuova generazione.  Duranti parla della nascita dei primi complessi nati a Jesi tra i cultori della musica beat, dei locali in cui questi si riunivano per le prove e si esibivano. Erano spesso cantine del centro storico che potevano ricordare in qualche modo le ‘caves’ degli esistenzialisti di Parigi. Descrive poi le feste studentesche, le mode venute da oltre frontiera e imitate dai giovani, gli approcci con le ragazze, gli insegnanti, i personaggi caratteristici conosciutissimi in tutta la città, le prime scappatelle, le bravate ai tempi della contestazione.

L’affresco è vivacissimo, la lettura piacevole anche per chi non ha vissuto in prima persona a Jesi quegli anni. Nostalgia? Appena un’ombra. Franco Duranti è in fondo appagato. Ha potuto occuparsi di quanto allora lo interessava di più. Si dedica oggi ad un lavoro creativo nella grafica, nella stampa, nella fotografia industriale. Ma non ha dimenticato la musica che è stata e continua ad essere la colonna sonora della sua vita. Nelle prime pagine del libro è riportato il testo di una delle più famose canzoni dei Beatles, “In my life” che introduce e sintetizza quanto poi è raccontato. È una dichiarazione d’amore per la vita; di gratitudine anche per coloro che hanno saputo renderla felice-

Augusta Franco Cardinali

Voce della Vallesina, 14/04/2013