Non era certo una sua passione frequentare i centri commerciali, tantomeno l’Ikea che era sempre troppo affollata. Infatti tutte le volte che la moglie gli chiedeva di accompagnarla per acquisti, lui trovava una scusa. Dopotutto anche lei aveva la patente e ci sarebbe potuta andare anche da sola.

     Ma quel giovedì non poté farne a meno: se il divano era sfondato e le bruciature di sigarette avevano punteggiato il rivestimento delle poltrone, era solo colpa sua.

     Da quando era andato in pensione, Luciano Polverieri, trascorreva buona parte della giornata davanti al televisore. Lì, di fronte allo schermo, era come in trance. Non voleva essere disturbato. E se sua moglie transitava con l’aspirapolvere sbarrava la porta e lasciava il mondo fuori. Lui sempre inchiodato sui film gialli che Netflix trasmetteva di continuo.

     Lo appassionava tutto quello che riguardava i delitti irrisolti e i casi di omicidi seriali. Tutte vicende che lui avrebbe voluto risolvere. Ma in Polizia, prima di andare in pensione, era rimasto sempre ai margini di inchieste di omicidi e morti violente. A lui erano riservati solo servizi d’ordine a manifestazioni politiche e negli stadi.

     Adesso era lì da solo, a fantasticare.

     Se si imbatteva in programmi inchiesta su vecchi delitti, allora, si piazzava lì davanti allo schermo per seguire quelle storie, sprofondato nella sua poltrona, ormai logora e bruciacchiata, con una scorta di salatini, birra e sigarette.    

     «Domattina andiamo all’Ikea a vedere un nuovo salotto» aveva detto Marisa mentre Luciano teneva lo sguardo fisso allo schermo: «e non trovare scuse… guarda come hai ridotto la poltrona!»

     «Va bene, ma facciamo presto. Sai che mi rompo in quel mausoleo di mobili…»

     «Andiamo alle dieci, all’apertura, così c’è poca gente….» e aggiunse: «poi, se lo troviamo come ci piace, ci fermiamo lì, a mangiare qualcosa!»

     Pranzare alla tavola calda del centro commerciale lo faceva tornare indietro negli anni. Quando da giovane, in caserma andava alla mensa e faceva la fila con il vassoio insieme ai suoi colleghi di corso.

     Poi, oltretutto, sarebbe andato all’Ikea solo per quelle polpettine con il sugo e il purè che adorava. Marisa aveva provate a cucinarle, come quelle, ma non aveva avuto molto successo, allora gliele propinava fritte, che comunque a lui piacevano.

     Il giorno seguente, il grigiore del cielo non prometteva nulla di buono. Aveva cominciato a fare qualche goccia e per non bagnarsi avevano parcheggiato la Panda al coperto. Poche macchine ancora, ma nel giro di poco tempo si sarebbe riempito.

     Se era lì, era solo per quelle polpettine.

     Per il divano con lo schienale reclinabile, furono subito d’accordo. Non capitava spesso. Ma trovarono presto il modello e il colore che si addiceva ai loro mobili.

     Per Luciano, la rigidità dell’imbottitura e la comodità della seduta era importante, dal momento che lì trascorreva la maggior parte della giornata.

     Si alzava solo per andare a fare pipì: poteva anche arrivare uno tsunami. Lui da lì non si sarebbe più scollato. 

      Firmato il contratto e le formalità per la consegna, avevano ancora tempo prima di andare al self service e continuarono a girare tra gli ambienti arredati.

     «Bello, questo armadio con le ante scorrevoli!» disse lei cercando di aprirlo.

     «Mi sembra un po’ scuro in camera…»

     «Forse hai ragione, ma non riesco ad aprirlo, non scorre». E aggiunse: «voglio vedere com’è attrezzato l’interno. Prova tu, se ci riesci…»

     «Fammi vedere, magari si è incastrato qualcosa, questi mobili in kit…»

     Luciano cominciò a forzarlo, ma niente, non scorreva. Dopo vari tentativi e dopo essersi guardato intorno alla ricerca di un commesso l’anta si mosse appena.

     «Bravo! Ce l’hai fatta.»

     «Sì, ma c’è qualcosa che impedisce l’apertura»

     Nel frattempo il commesso del reparto, in divisa giallo/blu, aveva notato i due che stavano armeggiando con lo sportello. Si era avvicinato:

     «Serve aiuto?»

     «Sì, grazie. Volevamo vedere l’attrezzatura interna, ma fa fatica ad aprirsi»

     «Lasci fare a me. Magari si è incastrato. È meglio che provi io»

     Luciano si fece da parte e con le mani dietro la schiena, come un vero umarell, si mise ad osservare il commesso nella sua opera di disincaglio.

     Provò e riprovò, ma nemmeno lui ci riusciva. Qualcosa premeva con forza contro l’anta e ne impediva lo scorrimento. Con un’espressione dubbiosa, Luciano si stava convincendo sempre più che gli armadi svedesi non erano affidabili.

     Dopotutto era solo una curiosità di Marisa e stava perdendo la pazienza.

     «Dai andiamo!» disse alla moglie.

     Nel frattempo, dato che l’anta non cedeva, Marisa si era messa a giocherellare con i cassetti del comò.   Il commesso provò di nuovo… niente! E allora e tentò di forzare l’anta con un cacciavite.

     Finalmente riuscì a farla muovere.

     «Che cazzo è sta roba…?» disse facendo un salto all’indietro.

     «Bravo! C’è riuscito, si vede che lei è un tecnico…» disse Luciano avvicinandosi.

     Si intravedevano due gambe, di cui una era appoggiata con forza contro l’anta.

     L’ex poliziotto, forse investito da un’autorità che un tempo la divisa gli aveva conferito, la spalancò completamente.

     Sul fondo dell’armadio giaceva un uomo, età, sui quarant’anni. La testa poggiata sulla fiancata. Gli occhi sbarrati fissi nel vuoto. Un’espressione di dolore stampata sul volto del morto. Un grosso cacciavite piantato nel centro del petto, sul cuore.

     Chi aveva sferrato il colpo aveva fatto centro.

     Un rivolo di sangue scuro ormai secco scendeva lungo il piano di laminato.

     «Oddio, oddio…!!!» Marisa cominciò a strillare e a dare di matto. Si era sbiancata in volto come un fantasma. Per evitare che svenisse, Luciano la fece sedere sul letto ricoperto da un piumino con disegni a fantasia.

     «Accidenti! E questo che ci fa qui?» disse il commesso sbalordito per la macabra sorpresa. Con un gesto deciso prese il telefono e chiamò il direttore.

     «Non deve essere toccato nulla!» precisò Luciano mentre carezzava i capelli di Marisa che lentamente si stava riprendendo.

     Lui sapeva come comportarsi in questi casi, quando c’è un morto. Era a conoscenza delle procedure che si adottano in questi frangenti…

     Lui l’esperienza l’aveva accumulata non nella squadra omicidi, bensì dai telefilm e dai serial televisivi dei quali era un gran consumatore.

     Lui, era testimone della scoperta di quell’omicidio.

     Nel frattempo, una folla di curiosi si stava accalcando allo stand. Chiedeva con insistenza cosa fosse successo, cercando di sbirciare.

     «Via, via! Non c’è niente da vedere… non inquinate il luogo del delitto!» disse l’umarell. Come fosse stato, lui, il titolare dell’inchiesta

     Dopo non molto sarebbe arrivata la squadra omicidi, avrebbe fatto i rilievi del caso e interrogato i testimoni. E lui finalmente sarebbe stato ascoltato. Al commissariato avrebbe raccontato ciò che aveva visto.

     Ma quel giorno avrebbe dovuto rinunciare a quelle polpettine al sugo, con purè, che amava tanto.

 

© Franco Duranti - settembre 2022